"Scrivere una storia intitolata Una giornata nel mondo. E così descrivere:
come sorga il sole sul Tibet, sul Sahara, su Firenze e su Lima;
come si sveglino i bambini, come si sveglino le donne, come si sveglino gli operai;
come si spanda l'odore del caffé, del té, delle uova strapazzate, del sangue di una gallina appena sgozzata, della kasava;
come vadano al lavoro i contadini;
come si mettano in moto i treni, i carri armati;
come le donne in riva al fiume comincino a fare il bucato;
poi il meriggio, la vita che si ferma (ai Tropici, nel Ciad, nel Mali, nel deserto di Atacama, dei Gobi, del Karakum, ecc.);
come si scolpisca il legno, si modelli l'argilla, si scalpelli la pietra, si martelli il metallo, si sfaccetti il diamante;
come si pesti la manioca, si sarchino le patate, si manovri la mane e si piloti l'aereo;
come ovunque risuoni qualche macchinario;
poi il cessare dell'opera, il ritorno dal lavoro;
come si avvicini il crepuscolo;
la sera;
come si accendano i focolai, le luci alle finestre, i lampioni e i neon, l'addome delle lucciole, gli occhi del serpente boa;
come arda la savana, come ardano villaggi e città dopo un'incursione;
come a Cernobyl si aprano le porte dell'inferno;
come ci mettiamo a cena, come guardiamo la tv, come un bimbetto voglia (o non voglia) dormire;
ma come, prima o poi ogni cosa finisca per scivolare nel sonno;
prima però l'accostarsi dei corpi, come lo si senta;
e poi i sussurri, le voci, i richiami, le grida (tutta una torre di Babele di linguaggi, di intonazioni, di suoni, di sonorità, di scongiuri, di bemolle e diesis);
il lento ingresso nel buio della notte;
l'entrare nel tormento dell'insonnia, nelle visioni, negli incubi, oppure in un sonoro russare, nell'oblio, nei sogni;
come la terra sprofondi nel nulla e come, dopo poche ore, con l'alba, ne riemerga."
Ryszard Kapuscinski – 9 agosto 1995 – Lapidarium
tutte le volte che leggo questo pezzo muoio dalla voglia di andare, ma anche di restare a fantasticare, aspettare la notte, nello stesso identico posto, fino alla prossima estate, quando le cicale canteranno ancora.