Baby boomers’ babies & bombs

Volete la pensione. Volete che lo stato sociale che ha dato da vivere ai vostri genitori, le ultime sarte e modiste, gli ultimi fabbri e calzolai, gli ultimi fattorini che da piccoli vi portavano il latte fresco sulla soglia di casa in bottiglie di trasparente vuoto a rendere, sia il bastone della vostra vecchiaia. E cosí sia.

Beata generazione del vuoto a fondo perduto.

Per vostra fortuna qualche spicciolo in cassa c’è ancora e chi vi inietterà insulina non sarà volontario coatto e chi vi salverà il culo dalle piaghe riuscirà a tornare a casa con qualcosa in tasca, anche se poco.

Soli, nel vero senso della parola, non morirete. Sempre che abbiate pagato le tasse.

 

Ci avete detto che la vostra generazione non ha avuto niente, che siete cresciuti nella povertà, che siamo stati noi a nascere nell’epoca giusta. E via a rinfacciarcelo ad ogni occasione.

Ma guardate fuori dalle finestre, poi guardatevi bene allo specchio e riflettete, merda!

Avevate aria da respirare, acqua da bere, prati su cui correre e far crescere alberi carichi di frutta. Avevate pagine bianche da scrivere, democrazie giovani da educare, modi di vivere da inventare. La salute e la felicità erano a vostra disposizione, equilíbrio dei blocchi dipendendo. Siete diventati depressi e obesi, diabetici e tachicardici e ci avete educato ad essere come voi. Ipocondriaci fin da poppanti, ma con piú sogni. Voli pindarici destinati a sfracellarsi tra le montagne di Atlantide. “Vincerete l’Oscar, il Pulitzer e il Nobel”. Tutti Uomini e Morti.

 

Ci avete detto che il mondo di oggi é una merda, e come i vostri padri, piegati dalle dittature e con i piedi per sempre rovinati da anni di scarponi militari, avete dato la colpa ai coetanei dei vostri figli.

Cernobyl si é aperta sulle nostre teste che eravamo ancora bambini, che cazzo volete da noi? Nessuno ha inquinato e smerdato il pianeta più di voi, che ancora rimpiangete quella bottiglia di latte che riportavate alla bottega il pomeriggio, dopo la scuola, ma adesso non riuscite a vivere senza appoggiare i vostri corpi su un motore privato, tappati in un abitacolo vuoto. Solo il vostro ombelico a farvi compagnia.

 

Diciamocelo, l’unica libertà per cui qualcuno di voi ha veramente combattuto e resistito è stata quella sessuale. “Papa, mamma, papà, voglio scopare con chi mi va!!”.

E adesso vi ritrovate a rimpinzarvi di pastigline blu per cercare di salvare il matrimonio dalla siccità degli affetti, dalla mancanza di parole e tempo, dall’amante insoddisfatta per gli stessi merdosi motivi.

 

Ora gli anni ‘80 (e ‘90) sono finiti, l’AIDS non (ci) fa piú (tanta) paura e si lega sempre di più alle fasce piú povere della popolazione, “gli zingari, i negri”.

Ora della nostra libertà sessuale nessuno osa dire piú nulla. Destinati ad essere considerati ragazze-madri fino ai 40 anni e ragazzi-padri fino ai 45. Maledizione. Stato Sociale? Fare un figlio a 25 anni oggi é una delle cose piú rivoluzionarie che si possano fare. Senza che lo Stato ci mandi nessun assegno mensile, a desiderare l'indipendenza totale dai propri genitori e a leggere risultati di ricerche scientifiche che sostengono che il genere umano si é già scavato la sua fossa e che la riempirà tra più o meno un secolo. E con un pensiero entratomi nell’anticamera del cervello, sgomitando perché voleva attenzione, che continua a lacerarmi dentro: “con po’ di fortuna mia figlia sará giá morta”. Quando vorresti non ti fosse mai venuta in mente una cosa del genere. Non appartiene all’universo del Naturale e della Vita. Il senso di colpa mi morde dentro, non riesco nemmeno a scegliere cosa pensare.

La mia speranza si fa sempre più disperata ma continuo a immaginare di poter inventare qualcosa. Vorrei fare di piú ma sto cercando lavoro.

 

Tra di voi, la prima generazione di donne e uomini di cultura, o almeno di alfabeti, di ingegneri, accademici, quanti hanno protestato contro l’usa-e-getta, contro la meccanizzazione degli intelletti, la plastificazione della vita sociale, il cervello a prestazione di servizio?

Tutti i figli di operai sono potuti diventare dottori, ma non avete evitato che tutti questi dottori diventassero addetti alla pressa della promozione pubblicitaria, del porta-a-porta, del telemarketing, del bip-bip del lettore a infrarossi della cassa del centro commerciale.

Fare l’univerisità significa investire denaro nell’illusione (eterogena) di poter un giorno comandare altri a noi sottoposti, nemmeno immaginando di arrivare al termine dei propri studi di successo a dover eludere la povertà vendendo cateteri per telefono.

 

Ma continuate a dirci che non ci dobbiamo preoccupare, che un giorno Qualcuno ci noterà e faremo carriera. E se qualcuno viene fatto fuori quando ci va di protestare, beh, vi dispiace per la famiglia, ma in fondo se l’é andata a cercare.

 

Avevate una pace che sin dalla vostra nascita é stata fatta crescere nella paura. Per questo era una pace finta, fallace, fittizia, piena di male. La guerra è stata fredda solo nel vostro Occidente Boreale che oggi nemmeno esiste piú. Per questo era vostro. Io non l’ho nemmeno conosciuto. La mia memoria politica inizia con un muro che cade dentro la TV.

La guerra degli altri faceva caldo, caldissimo. Ma eravate tanto chiusi da quel muro a est e dal Mediterraneo a sud, quel mare che ancora pensavate cosí grande (piú grande dell’Atlantico), che la vostra pace sebbene paurosa, non vi pareva malata, la vostra libertà vi sembrava protetta e durevole.

Il Mal d’Asia, d’Africa, di LatinoAmerica li avete conosciuti insieme a noi, e adesso siamo tutti in incubazione. H5N1 si confonde tante volte quando vado al supermercato alla ricerca della pappetta contro il cagone da dare a mia figlia, HN25.

Piatto forte del menu?

La paura é diventata terrore e lasciate che lo curino con altre guerre e altro male. Mentre lasciate confondere il dominio territoriale ed economico con l’identità culturale ed etnica, la vostra e-freedom é venduta al prezzo del barile. Oil is not for Food (is for your suv). E se qualche giornalista viene fatto fuori durante la prestazione di servizio, beh, vi dispiace per la famiglia, ma in fondo se l’é andata a cercare.

 

Non so se aspettarmi davvero nuove guerre per il controllo delle nuove Cernobyl iraniane e nordcoreane o se é tutto un grande spot elettorale, come sempre. Quando avrò diritto al voto fatemi uno squillo, può darsi che voti in bianco.

Vorrei fare qualcosa. Ma sto cercando un lavoro. Qualcosa per vivere e da Vivere.

Vorrei misurare in metri cubi il cemento che mi circonda nell’arco di un Km, qui, Suburbia P-2745, a due circoscrizioni dalla circoscrizione con la densità abitativa più alta d’Europa, nel regno della privatizzazione mobile, formichine vestite da cicale, in auto nuove prese a rate, che tornano in appartamenti nuovi presi a rate. Le case della capitale, sfitte, cadono a pezzi. La periferia si fa megalopoli. ULTRAURBIS et NIHILORBIS. Ma non riesco a dire amen.

Cerco di impermeabilizzare il mio quotidiano digerendolo come mi sembra lo digeriscano tutti gli altri ma, al termine della giornata, anche se mi sono rifiutata di appiccicarmi sugli occhi le lenti a contatto della tv, sporcarmi le dita con l’inchiostro delle brutte notizie e isolata dal male come avete fatto voi per anni, sento che qualcosa non va giù, che per quanto mi lavi continuo ad essere sporca, che la língua mi brucia in bocca, che mi friggono le mani. Sento le terminazioni nervose andare oltre il tangibile, il sensibile, il visibile. Sento che c’é qualcosa che non va.

Devo inventare qualcosa.

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