la smemo é acqua passata

Dovevo farmi un appunto delle ore lavorate questa settimana: ho preso l’agenda con il particolare del quadro di Gustav Klimt "Le tre età della vita". Ancora non mi sono decisa a fare con Dunia un tableaux vivant, ma bisogna che mi sbrighi, visto che la signorina sta crescendo…La mia piccola ha aggiunto arte ad arte, scarabocchiandomi la copertina. Mi piace. Aprendo una pagina a caso mi son resa conto che ha apportato il suo contributo anche all’interno. Ho avuto lo stesso brivido di tenerezza che mia mamma deve avere ancora aprendo le agende dei primi anni ottanta, riscoprendone le pagine scarabocchiate dalla sottoscritta. Da quando sono ty-ager, adoro le vecchie agende, anche se non ci scrivo quasi nulla.

Ieri sul treno, ritornando a casa non sapevo davvero cosa fare: non si puó guardare fuori, date che le finestre sono oscurate (vedi post: Penetrazioni Ferroviarie). Il libro non ce l’avevo, e poi é troppo difficile leggere Saramago in portoghese e in ora di punta. Anche il turismo umano, l’osservazione delle persone, ho appreso essere una pratica piuttosto insalubre, se praticata sui mezzi pubblici: si assorbono le energie negative dei pendolari (bastano le proprie), si induce il prossimo al dialogo futile (bastano le idiozie che ci si espone ad ascoltare sul lavoro), o si diventa oggetto di sguardi inopportuni di chi pensa di corrispondere una sonda di disponibilità sessuale piuttosto che una di analisi sociale come la mia.

Ho frugato nella borsa, dove sapevo stare la molesckina nera che mi hanno regalato Michela e Clelia per i 23 anni, prima che partissi per l’Erasmus, per leggere cosa l’unico foglio estensibile avesse assorbito di me in questi 4 anni. Era da tempo che volevo indagarlo, ma ancora non mi ero azzardata, pensando di trovare materiale che mi avrebbe fatto esplodere. Ho deciso di aspettare una fase propizia del mese. Alla fine il contenuto si é rivelato essere abbastanza terra terra:

– le prime lezioni che Silvia, mí alma, mi ha dato prima di partire: yo amo, tu amas…yo temo…yo parto

– nomi e email di persone di cui non ricordo la faccia; telefoni di persone che amo, ma a cui non telefono mai.

– una cartina scarabocchiata per spiegare a qualche aegyptopitecus dove stanno la Galizia e il Portogallo

– gli schizzi del ultimo tatuaggio

– ricette: la torta giamaicana della More, la zuppa di cipolle della Lucia, i capláz

– la parola piú lunga del mondo che Micha mi ha scritto davanti alla porta del Reixa, o dell’Avante: Schifffahrtsgesellschaftseinweihungsfeierlichkeiteneröffnungsrede (= discorso di apertura dell’inaugurazione della fiera dei cantieri navali)

– liste della spesa: tonno, queso, riso, carta da disegno…

– appuntamenti: voto inglese, mercoledi; viernes, revisión derecho

– tesi: Prestige – España o Macao alla Cina – Portugal?

– una intera bibliografia da fotocopiare

– info sull’ultimo colloquio di lavoro

E poi quello che ho pensato, quando il primo aereo mi portava davvero lontana:

– Vedere San Luca diventare piccino, non posso, seduta sul motore!

– Qualcosa mi ha chiamato dal torpore. Ho guardato giù, tra l’ala e il motore: Genova. Il porto vecchio, i carruggi, i cantieri navali, le strade dove ci hanno intrappolato, in quel luglio 2001-

– Non capisco se stiamo sorvolando il mare o la terra. L’uomo in divisa che mi ha controllato il biglietto prima dell’imbarco m’ha domandato se viaggiavo da sola. Belloccio. Questo raffreddore mi perseguita. [..] Era mare. [..] Quella in fondo potrebbe essere già Barcellona. [..] Cerchiamo di archiviare almeno per un po’ quel che accade alle persone vicine, mettiamole lontane. Mettiamo tra noi un po’ di km mentali, almeno fino alla prossima durezza. Partire e, ora, dormire.

E poi:

– Solo sole. A parte quando siamo arrivate. Viste per la prima volta le torri della cattedrale nascondersi nella nebbia. Uccelli a stormi aggrappati agli alberi. Urlanti.

omissis

(..) Ancora mancava un buon quarto d’ora prima di arrivare alla stazione di Barcarena. Per ammazzare il ritardo ho inziato a scrivere:

Comincerò il famoso nuovo lavoro. Tornerò a star con gente di "altri" paesi. A sentirmi realizzata. Durerà due giorni o, se avrò culo, due settimane. Poi tutto tornerà normalmente normele. Mi tornerò a sentire in colpa per non passare abbastanza tempo con la mia piccola. Prostituendo le mie ore, le nostre, per qualche causa che non merita tanto, per qualcuno di arrogante e/o incompetente. Che mi insegnerà le cose a metà per non sentire che le mie punte stanno dietro ai suoi tacchi. E allora chiederò nuovamente una riduzione oraria, per portare a casa il minimo. Non il salario minimo, magari. Il minimo corrispondibile per il minimo di ore possibili a farsi in un incarico di responsabilità. Il minimo di carriera. Cercherò di boicottare il boicottabile , rendere semplice il mostro. Non so se sto continuando a scrivere davvero per uccidere il tempo, per darmi un tono in questo treno di pendolari o per finire questa moleskine…

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